Il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano

Nei giorni scorsi, mia moglie ed io abbiamo accompagnato mio cognato ed i suoi figli a Milano per la mostra di Harry Potter e per una visita al Museo della Scienza e della Tecnica “Leonardo da Vinci”. Per quello che riguarda la mostra di Harry Potter vi rimando ad un articolo molto chiaro ed illuminante che è già apparso sul Web nei mesi scorsi:

https://www.italiaconibimbi.it/harry-potter-the-exhibition-milano/

Non c’è molto altro da dire riguardo a questa mostra, anche perché chiude il 9 Settembre 2018, cioè tra meno di un mese.

I talismani in cui Voldemort ha “salvato” i frammenti della sua anima per diventare immortale, esposti alla mostra di Harry Potter a Milano (Estate 2018).

Per quello che riguarda il “Leonardo da Vinci”, qui di seguito trovate qualche informazione utile e qualche riflessione personale.

Il Museo

Il Museo si trova qui:

Vedi anche questa URL:

https://goo.gl/maps/7VTZ5q99ZZB2

Visitate la URL di Google Maps e speditevi le coordinate sul telefono usando la voce “Spedisci al tuo telefono” (“Send to Your Phone”) o la voce  “Condividi” (“Share”). Usando Google Maps dallo smartphone non riuscirete a perdervi in nessun modo.

Comunque,. il museo è a 50 metri (cinquanta) dalla stazione “Sant Ambrogio” della Linea 2 della Metropolitana (M2). In altri termini, si trova a meno di 100 metri dal carcere di San Vittore (ovvero la Casa circondariale ‘Francesco Di Cataldo’, piazza Filangieri 2). È facilissimo e comodissimo da raggiungere in metropolitana da qualunque punto di Milano e quindi anche dalla Stazione Centrale FS.

Biglietti

Mia moglie ed io abbiamo comprato i biglietti online, sul sito web del museo. Trovate tutte le informazioni del caso a questa URL:

https://museoscienza.bestunion.com/

Si possono comprare anche all’ingresso. Di solito non c’è fila e non c’è carenza di posti (purtroppo…).

C’è solo una cosa da dire in proposito: le visite al sommergibile “Enrico Toti” prevedono un massimo di 7 (sette) visitatori alla volta. Come se questo non bastasse, durante il periodo estivo le visite si possono effettuare solo alla mattina (per via delle elevatissime temperature che raggiunge il Toti sotto il sole estivo). Di conseguenza, i posti per la visita al sommergibile vanno esauriti in un attimo. Prenotate per tempo e prenotate per la mattina presto (aprono alle 10:00) o morirete di caldo.

Le informazioni sul Toti sono disponibili a questa URL:

http://www.museoscienza.org/toti/

Servizi

È bene che sappiate che all’interno del Museo non è presente un bar od un ristorante. Ci sono solo delle macchinette distributrici (abbastanza ben fornite) ed una sala a disposizione di chi volesse mangiare il cibo che ha portato da casa. Non si può uscire per mangiare e rientrare. Quindi: portatevi il cibo al sacco e portatevi una bottiglietta d’acqua (soprattutto se avete bambini al seguito).

Il museo è climatizzato, per cui non morirete di caldo durante l’estate e non morirete di freddo durante l’inverno. Gli spazi sono sufficienti per i carrozzini dei bimbi e credo che ci si possa muovere senza grossi problemi anche con una sedia a rotelle. Per sicurezza, informatevi prima se avete esigenze particolari. La pagina “contatti” del museo è qui:

http://www.museoscienza.org/museo/contatti.asp

Sappiate anche che il Museo non dispone più dell’applicazione Android ed iPhone che era stata resa disponbile nel 2015. Questa “app” non è più disponibile sul Play Store. Vi dovrete arrangiare con le guide cartacee e con Wikipedia. Vedi:

https://it.wikipedia.org/wiki/Museo_nazionale_della_scienza_e_della_tecnologia_Leonardo_da_Vinci

Sappiate anche che le toilette sono in fondo alla sala snack al primo piano dell’edificio principale (M0). Sono abbastanza pulite e quindi anche le Signore non avranno problemi ad utilizzarle.

Cose da vedere

All’ingresso vi verrà fornita una piccola guida dal titolo “20 cose da vedere in 2 ore”. Seguite i consigli della guida e non vi pentirete.

Leonardo da Vinci Parade

In questo periodo (19 Luglio 2018 – 13 Ottobre 2019) la principale attrazione avrebbe dovuto essere la “Leonardo da Vinci Parade”, cioè la collezione delle riproduzioni in scala delle macchine di Leonardo, ospitata al padiglione M2 (edificio principale) ma… quando siamo andati al museo questa sala era chiusa per interventi tecnici e non abbiamo potuto visitarla… Nessuno ci ha avvisato di questo problema prima che acquistassimo il biglietto ed il sito web del museo non ne ha fatto parola. Vabbè…

Il Sottomarino Enrico Toti

Il sottomarino Toti durante il trasferimento al Museo Leonardo da Vinci di Milano nel 2005.
L’utente che ha caricato in origine il file è stato DracoRoboter di Wikipedia in italiano – Trasferito da it.wikipedia su Commons da TFCforever.

La visita al Toti è decisamente un’esperienza, sia per i più piccoli che per gli adulti. Se potete farlo, visitate questo sottomarino. Per ragioni di sicurezza, sarete accompagnati da una guida che vi spiegherà tutto quello che c’è da sapere per cui mi astengo dal raccontare qui le stesse cose. Tenete solo presente due cose: gli spazi sono angusti e fa molto caldo. Prima di entrare vi faranno indossare un leggero elmetto di plastica per evitare che vi facciate male. Anche con l’elmetto, le “testate” sono un fenomeno abbastanza comune e quindi è meglio che facciate attenzione. Vestitevi di leggero e portatevi da bere. Sappiate comunque che la visita dura abbastanza poco (30 – 45 minuti) e quindi non avrete problemi a resistere.

Il padiglione navale

Quasi certamente farete prima la visita al Toti e poi al museo. Se è questo il vostro piano, infilatevi subito nel padiglione aeronavale, in fondo al piazzale. Qui ci sono almeno tre cose che dovete assolutamente vedere:

Luna Rossa

Il Catamarano Luna Rossa che ha partecipato alla America’s Cup 2013, esposto al Museo della scienza e della Tecnica di Milano (foto dell’autore)

Al centro del padiglione è letteralmente “appesa” al soffitto l’imbarcazione di Prada “Luna Rossa” che ha partecipato alla America’s cup nel 2013. La trovate descritta qui:

http://www.museoscienza.org/luna-rossa/

Poco importa se siete o meno degli appassionati di vela. Questa imbarcazione è un concentrato di tecnologia e di inventiva per cui ne rimarrete sicuramente affascinati.

Aermacchi MC 205 Veltro

Al “Leonardo da Vinci” è esposto uno dei rari esemplari sopravvissuti di questo aereo da caccia italiano dell’ultima guerra mondiale. È un bell’esempio di ciò che sapeva fare l’industria aeronautica italiana già negli anni ’40. Comunque, non fatevi prendere dalla nostalgia: adesso la nostra industria aerospaziale partecipa alla costruzione di meraviglie tecnologiche come la ISS, gli AirBus ed i caccia a reazione F22. Non c’è niente da rimpiangere di quei tempi andati. C’è molto di cui essere orgogliosi dei tempi correnti.

Simulatore di Elicottero

Simulatore di elicottero. Come si può vedere, i comando sono stati “codificati” con tre diversi colori. Quando vengono azionati, è possibile vedere come si muovono gli organi di controllo del velivolo. (Per i curiosi: i ragazzini sono i miei nipoti ed il cerottone alla gamba del maschietto NON è dovuto ad una disavventura all’interno del sommergibile Toti.)

Sempre nel salone aeronavale, c’è anche un elicottero attrezzato in modo tale da mostrare agli interessati come si controlla un elicottero in volo. Non è un “simulatore di volo” e non ha un display che mostri in tempo reale il terreno su cui si vola. È un “simulatore di meccanica” e mostra come i comandi agiscono sul rotore e sui controlli. Capito questo, è un oggetto molto, molto interessante.

Nello stesso padiglione sono esposti un’intero veliero a due alberi (la “Nave Scuola Ebe”) ed una sezione di transatlantico (il “Biancamano”) con il suo ponte di comando e la sala da ballo. Non vi mancheranno certo le occasioni per fare qualche bella fotografia.

CONSIGLIO: sovraesponete le foto di un diaframma. Quasi tutte le “scene” sono in controluce e non si vede niente nelle ombre…

Il padiglione principale (M1)

Finita la vista al Toti e quella al padiglione aeronavale, vi consiglio di fare sosta nell’area snack, al piano terra del padiglione principale e mangiare qualcosa. Ne avrete bisogno.

Nel padiglione principale ci sono due cose da non  perdere:

L’area Spazio ed Astronomia

Telescopio di Schiaparelli. Con questo telescopio, Giovanni Schiaparelli osservò per la prima volta la superficie di Marte. Dalle sue annotazioni, che parlavano di “canali”, alcuni lettori del tempo hanno voluto dedurre che Marte fosse abitato da una specie abbastanza evoluta da poter costruire opere idrauliche di grandi dimensioni. Potete leggere tutta la storia su Wikipedia: https://www.wikiwand.com/it/Giovanni_Schiaparelli .

In quest’area sono esposti diversi strumenti astronomici di un certo interesse, tra cui il gigantesco telescopio rifrattivo (” a lenti”) Merz-Repsold con cui Giovanni Schiaparelli osservò e descrisse la superficie di Marte (contribuendo involontariamente a creare il mito dei marziani). C’è anche un frammento di Luna donato all’Italia dall’amministrazione amricana dopo la conclusione delle missioni Apollo. Vi consiglio di dare un’occhiata anche ai video illustrativi, alcuni dei quali sono molto interessanti.

L’area dedicata allo LHC

Al “Leonardo da Vinci” c’è una vasta area dedicata allo LHC ed al CERN. Sono esposti alcuni vecchi rilevatori di particelle ed alcuni altri strumenti. C’è anche una sezione dell’anello superconduttivo principale. La parte più interessante, però, sono i video ed i video interattivi (“videogame”) perché permettono di capire molto bene come funziona l’LHC e come lavorano i fisici al CERN. I nostri nipoti sono rimasti ipnotizzati da alcune di queste installazioni interattive.

Il museo è molto più ampio ma… sarebbe inutile tentare di raccontarlo qui. Andatelo a visitare. Non resterete delusi.

La visita di tutte le esposizioni, compreso il Toti, richiede fra le tre  le quattro ore. Vi consiglio di entrare appena apre, alle 10, visitare il Toti finchè è fresco, e poi proseguire. Se mangiate qualcosa al sacco od alle macchinette, uscirete dal museo verso le 14 o le 15. Intorno al museo ci sono diversi snack bar e quindi non avrete problemi a rifocillarvi prima di andare altrove.

Alessandro Bottoni

 

 

Piccola guida alla Repubblica di Corea

korean-liberation-day
Korea Liberation Day (courtesy of India Today)

Se state pianificando di venire in Corea del Sud per turismo o per lavoro, tenete presenti le seguenti cose.

Prenotate il volo almeno un mese prima

Venire in Corea può costare tra i 500 ed i 2.000 euro, in classe turistica, a seconda del periodo dell’anno, del giorno della settimana e di altre variabili. Una di queste è l’anticipo con cui prenotate il volo. Se potete farlo, prenotate almeno un mese prima. In questo modo risparmierete circa un 20% perché avrete modo di scegliere i biglietti meno costosi.

Non azzardatevi a giocare alla roulette russa del “last minute”. L’aeroporto di Incheon/Seoul (ICN) non è il “Federico Fellini” di Rimini. Muove milioni di passeggeri all’anno e le compagnie aeree che gestiscono il traffico da e verso la Corea del Sud hanno sempre gli aerei pieni. Non troverete un biglietto last minute. Se tentate di comprare il biglietto solo due o tre giorni prima della partenza, troverete solo biglietti di prima classe a 6.000 euro l’uno.

Non venite in  Corea in Luglio ed Agosto

Luglio ed Agosto sono i mesi delle pioggie da queste parti. Piove 20 o 30 volte alla settimana, spesso sotto forma di aquazzoni. Fa un caldo insopportabile e l’umidità resta per due mesi al 90%. Evitate di venire in Corea durante la stagione dei monsoni.

Se venite in vacanza, cercate di venire durante la primavera (da Marzo a Giugno, inclusi gli estremi) o durante l’autunno (da Settembre a Novembre). Evitate il pieno inverno, da Dicembre a Febbraio, estremi inclusi, perché fa un freddo terribile, specialmente a Seoul.

Se siete costretti a muovervi in stagioni di passaggio, come è successo a me, portatevi il vestiario delle due stagioni interessate. Lo userete tutto. Tenete presente che in molte aree, specialmente sulla costa, la differenza di temperatura tra il giorno e la notte può essere davvero notevole a causa del vento. Qui a Yeosu, agli inizi di Novembre, si gira in T-Shirt di cotone durante il giorno e con il giaccone imbottito durante la notte.

Se potete farlo, volate di Giovedì

Il Sabato, la Domenica ed il Lunedì sono le giornate predilette da chi si muove per lavoro a spese dell’azienda. I prezzi dei biglietti sono alle stelle. Le giornate in cui i biglietti costano meno sono quelle più distanti dal weekend, di solito il Mercoledì ed il Giovedì.

Riservatevi almeno tre ore per il trasferimento ICN-GMP

Fate attenzione al fatto che, una volta arrivati in Corea del Sud, quasi certamente dovrete cambiare aeroporto per arrivare alla vostra destinazione finale. Il trasferimento da Incheon (ICN) a Gimpo (GMP) richiede tre quarti d’ora. I controlli di sicurezza richiedono facilmente altri tre quartoi d’ora e dovrete comunque presentarvi al check-in almeno un’ora prima della partenza per cui non comprate biglietti che non vi lascino almeno tre ore per cambiare aeroporto a Seoul. Basterebbe un piccolo ritardo od un piccolo imprevisto per perdere l’aereo.

Preparate il vostro smartphone (e voi stessi)

Al giorno d’oggi è quasi impossibile organizzare un viaggio senza fare un uso intensivo del PC e della ADSL di casa. Bisogna sapersi muovere tra siti web ed applicazioni.

Nello stesso modo, è quasi impossibile muoversi all’estero senza fare un uso intensivo del proprio smartphone, delle applicazioni per la navigazione (Google Maps), per la traduzione (Google Translate) e per la comunicazione (Skype, Whatsapp, Telegram, Viber, etc.).

Assicuratevi di avere installato le applicazioni che vi servono e di saperle usare. quando arriverete in Corea non troverete facilmente qualcuno che possa cavarvi d’impaccio.

Noleggiate una SIM coreana

Come al solito, il roaming delle compagnie telefoniche per il traffico generato da paesi extra-UE costa una follia. Personalmente, ho speso circa 50 € in meno di tre giorni, durante il viaggio. Per fortuna, in Corea è possibile noleggiare delle SIM pensate appositamente per i turisti. Basta presentare il passaporto e la carta di credito.

Appena arrivate all’aeroporto di Incheon (ICN), procuratevi una SIM coreana. Ci sono diversi chioschi di KT Telecom (la principale compagnia telefonica del paese) nei pressi delle uscite. Una SIM che vale per un mese e fornisce traffico dati illimitato costa circa 50 €. Questa è la soluzione migliore. Usatela per comunicare via Skype, Whatsapp, Telegram ed altre applicazioni di messaggistica e di servizi Voice-over-IP.

Esistono anche SIM che consentono anche traffico voce e SMS, con una fatturazione a posteriori, ma non mi sono sembrate utilissime a causa di una lunga serie di problemi e di limitazioni.  Se avete davvero bisogno di parlare a voce o di scambiare SMS, aspettate di arrivare a destinazione e cercate un concessionario SK Telecom (il principale concorrente di KT) e parlate con i commessi (che, però, a questo punto parleranno pochissimo inglese). Le offerte SK Telecom vengono considerate da molte persone più adatte a questo scopo ed il loro servizio (“copertura”) sembra essere migliore.

In ogni caso, le ragazze del chiosco di KT telecom ad ICN parlano un ottimo inglese e provvedono ad installare e testare la SIM sul vostro telefono. Di conseguenza, se non avete esigenze particolari, questa è la strada più semplice da seguire.

Tenete presente che, contrariamente a quello che succede a Seoul e nelle grandi città, nel resto della Corea il servizio di telefonia cellulare non funziona sempre come dovrebbe. Inoltre, la vostra SIM avrà sicuramente qualche problema per comunicare via voce ed SMS con i telefoni non-coreani. Non date quindi per scontato che questa SIM possa risolvere tutti i vostri problemi.

Seoul non è la Corea

Seoul (insieme alla confinante Incheon) è una città da 13 o 14 milioni di abitanti che ospita centinaia di aziende multinazionali e milioni di stranieri. Molta gente parla inglese come prima o come seconda lingua. I ristoranti ed i caffè sono abituati a servire cibo italiano e francese, i taxisti parlano inglese e le metropolitane hanno le mappe e le istruzioni in inglese.

Tutto questo a Seoul…

Se invece vi spostate nelle città più piccole (in questo momento io sono a Yeosu), la probabilità di trovare qualcuno che parla inglese scende circa all’1%. La probabilità di trovare qualcuno che parla un inglese comprensibile e che capisce il vostro inglese scende allo 0,1%. Riuscire a comunicare può diventare davvero un’impresa.

Può sembrare strano ma in Corea è molto più facile trovare qualcuno che parla cinese o giapponese che inglese (per la banale ragione che qui ci sono molti immigrati e molti lavoratori cinesi e giapponesi).

Lo stesso avviene con ogni altro elemento della vita quotidiana occidentale. Un caffè decente è merce rara da queste parti. Le pizze sono… pizze orientali. Hanno la marmellata di mirtilli nascosta nel bordo ripiegato… (Non sto scherzando).

Quindi, fate attenzione. Se vi fermate a Seoul, a Incheon, a Busan ed in alcune altre grandi città potete dare molte comodità occidentali per scontate. Se vi spostate nell’interno, orgnizzatevi per tempo.

Imparate tutto il coreano che potete

Il coreano è una delle lingue più difficili da imparare per un europeo. Si stima che sia la terza o la quarta lingua più difficile in assoluto, dopo il giapponese ed il cinese. Di sicuro è più difficile dell’arabo e del russo. Normalmente, per riuscire a sostenere una conversazione minimalista, come ordinare la cena in un ristorante, occorrono due anni di studio a livelli professionali (cioè otto-ore-al-giorno-otto) seguiti da almeno sei mesi di vita (da soli, lavorando e studiando) in Corea. Non è qualcosa che si improvvisa.

Nonostante questo, se dovete venire in Corea per più di qualche giorno non potete permettervi di non capire neanche una parola di coreano e non potete permettervi di non conoscere almeno quelle sei o sette parole “salvavita” che servono per uscire sani e salvi dalle situazioni più difficili. Come ho già spiegato, la possibilità di trovarsi da soli, in condizioni di difficoltà, e non trovare nessuno (ma proprio nessuno) che capisce un po’ di inglese (o di italiano), è tutt’altro che una possibilità remota.

Compratevi uno o due libri di coreano (in inglese), seguite i corsi su YouTube e datevi da fare.

Quello che vi serve davvero sono solo una dozzina di parole e qualche frase. Si riesce ad imparere queste cose nel giro di qualche settimana. Rendetevi capaci di leggere e scrivere il loro alfabeto, lo “hangul”. Questa è una competenza che si acquisisce in un paio di giorni, in modo molto divertente, usando le apposite “app” per gli smartphone.

Preparatevi le cinque o sei frasi che vi servono ed imparatele a memoria. Controllate che la vostra pronuncia sia comprensibile usando Google Translate o Naver Translate. Se riuscite a farvi capire dal vostro telefono, vi capiranno anche i taxisti.

Per i libri, le app ed i siti sui quali potete studiare coreano, consultate il mio blog in inglese a questa URL:

http://www.alexbottoni.com/ 

Soprattutto, questa sezione:

http://www.alexbottoni.com/tag/korean/ 

Perfezionate l’inglese

Non azzardatevi ad uscire di casa senza essere in grado di capire il telegiornale in inglese della BBC e senza essere in grado di ordinare una pizza in inglese al telefono. Questo neanche se siete nati e cresciuti a Misterbianco (Sicilia), avete sempre vissuto a Misterbianco e state pianificando di vivere e morire a Misterbianco senza mai uscire dal paese. L’inglese non è necessario per viaggiare: serve per viveve e lavorare in Italia, tra italiani e con gli italiani. Non è il mondo “overseas” che parla inglese: è l’intero XXI secolo che parla inglese. Non c’è modo di evitare l’inglese al giorno d’oggi.

Soprattutto, non azzardatevi a venire in Corea senza aver prima verificato che il vostro inglese sia sufficiente per tutte le vostre necessità prevedibili, per quelle imprevedibili e per le emergenze. Controllate soprattutto che sia comprensibile per un parlante nativo coreano. La loro pronuncia è diversissima dal “Queen English” ed è probabile che non vi capiscano se parlate l’inglese della City di Londra. Se potete farlo, “sintonizzatevi” sulla pronuncia USA che in tutta l’area del Pacifico è molto più conosciuta del “Queen English”.

Usate Google Translate con parsimonia e con intelligenza

Non tentate mai di far tradurre a Google Translate o ad un altro traduttore automatico una frase di più di quattro o cinque parole.  Anche se non ve ne rendete conto, nel parlare e nello scrivere in italiano fate sicuramente uso di molte strutture grammaticali e molti termini che mettono in crisi questi sistemi e quindi otterreste soltanto delle traduzioni esilaranti, imbarazzanti o… decisamente pericolose.

Se possibile, traducete solo parole isolate e solo frasi molto, molto brevi. Cercate di attenervi alle strutture grammaticali più semplici: frasi affermative o frasi interrogative. Cose come “Dove si trova la toilette?” o “Domani vado in gita a XXX”. Non avventuratevi in cose complicate come i condizionali ed i congiuntivi. Niente frasi come “Cosa succederebbe se io facessi questo invece di quello?”.

In ogni caso, sforzatevi di usare Google Translate il meno possibile. Questi sistemi non sono ancora abbastanza affidabili e spesso creano incomprensioni difficili da gestire.

Guardate i filmati su YouTube

Oltre che per l’apprendimento della lingua coreana e per il perfezionamento dell’inglese, il World Wide Web e YouTube vi torneranno utili per “fare l’occhio” e per “fare l’orecchio”  alla Corea del Sud, alla sua gente ed alle sue abitudini prima di partire.

Su YouTube potete trovare decine di video che spiegano (in inglese) tutto quello che c’è da sapere. Guardandoli, arriverete in Corea già pronti per affrontare gran parte delle difficoltà quotidiane e questo vi renderà molto meno dipendenti dall’uso del coreano e dell’inglese.

Portatevi le posate da viaggio

Lo so che pensate di saper usare i bastoncini (“chopsticks” per gli anglo-americani e “cioggarà” per i coreani) ma… non è vero.

Procuratevi un set di posate da viaggio dotato di una buona forchetta e di un coltello tagliente e portatelo sempre con voi. Ne avrete bisogno.

Portatevi fazzoletti e tovaglioli

Per motivi del tutto incomprensibili per noi occidentali, salviette e fazzoletti di carta sono merce rara e preziosa in Corea del Sud. Se potete farlo, portatevi un po’ di “kleenex” compatti ed un po’ di tovaglioli di carta decenti. Qui troverete quasi sempre soltanto delle incredibili salviette da tramezzino e degli inutilizzabili fazzolettini monovelo che si disintegrano solo a guardarli.

Usate Maps.ME per muovervi

Per ragioni politico-militari, Google non ha accesso alle mappe della Corea del Sud e non può mappare questo territorio di propria iniziativa. Di conseguenza, Google Maps e Google Street non funzionano in Corea del Sud.

I coreani usano i servizi di mappatura e di navigazione di http://www.naver.com/, il principale concorrente di Google in Corea. Tuttavia, sia il sito che le app per gli smartphone di Naver sono disponibili solo in coreano e restano del tutto incomprensibili anche per chi ha studiato coreano per diversi mesi od un paio d’anni.

Per muovervi in Corea del sud potete usare Maps.ME, una applicazione Android e iPhone che gestisce correttamente questo territorio. La trovate descritta su Wikipedia EN a questa URL: https://en.wikipedia.org/wiki/Maps.me .

Non esitate a prendere i taxi

Come avviene in quasi tutto il mondo, anche in Corea del Sud i taxi costano quattro o conque volte meno che in Italia. Non esitate a prendere un taxi per tutti gli spostamenti che non superano i 10 o 15 Km.

Preparatevi per tempo un bigliettino od una mappa (anche sullo smartphone) con la vostra destinazione. Solo pochi taxisti parlano inglese.

Potrete quasi sempre pagare con una carta di credito (anche del tipo prepagato) e vi sarà sempre data la ricevuta. Basta chiederla. Non occorre ricorrere ad implorazioni od a minacce, come a Roma od a Milano.

Alessandro Bottoni

Tortellini coreani

vietnamese-food-in-yeosu
Vietnamese food in Yeosu, ROC

 

Molte persone mi hanno chiesto informazioni riguardo alla cucina coreana? Cosa si mangia in ROC (“Republic of Korea”, cioè “Repubblica di Corea”)? Cosa si riesce a mangiare senza stare male? Cosa può mangiare una persona che soffre di intolleranze alimentari? Provo a rispondere qui di seguito in forma di FAQ.

La Cucina Coreana

La cucina coreana è un mix di cucina cinese, giapponese, indonesiana e via dicendo. Ha una sua precisa identità e non somiglia a nessun’altra ma, come ho detto, presenta delle chiarissime influenze provenienti da tutti i paesi vicini. Se ne è parlato molto sulla stampa italiana negli anni scorsi e quindi potete facilmente trovare una grande quantità di informazioni online, per esempio consultando i siti seguenti.

Perché la cucina coreana conquisterà il mondo [Wired.IT]

Cucina coreana [ Wikipedia.IT]

Kimchi [Wikipedia.IT]

Kimchi & Basilico [Sito dedicato alla cucina coreana, con ricette]

Corea.IT [Sito dedicato alla Corea]

La top ten dei migliori piatti coreani

Numero speciale della rivista “Agrodolce” dedicato alla cucina coreana

La cucina coreana è anche molto apprezzata, in Italia e nel mondo, ed è abbastanza facile trovare ristoranti coreani in quasi tutte le città italiane di medie e grandi dimensioni. Per esempio, nella mia città, Ferrara, ho avuto modo di mangiare più volte, e sempre con grande soddisfazione, al ristorante coreano “Moon” (zona Doro, dietro la Stazione FS).

Personalmente amo la cucina coreana ma credo che il modo migliore di capire se fa per voi sia semplicemente quello di leggere qualche articolo e di provarla in prima persona presso qualche ristorante coreano in Italia. Questo è ciò che abbiamo fatto mia moglie ed io prima di partire per riuscire a capire cosa lei avrebbe potuto mangiare. Mia moglie, infatti, soffre di diverse “intolleranze” alimentari, tra cui quella al latte, e quindi era piuttosto preoccupata per questo aspetto.

La cucina coreana è molto piccante o molto speziata?

Si e no. Come tutta la cucina asiatica, anche la cucina coreana è normalmente piuttosto piccante e piuttosto speziata ma, in realtà, è abbastanza facile trovare piatti poco o per nulla piccanti anche nei normali menù destinati ai coreani. Si tratta più che altro di saper scegliere.

Ovviamente, per poter scegliere è necessario capire un po’ di coreano scritto ed è necessario riuscire a spiegare le proprie esigenze al cameriere, sempre in coreano. In corea è abbastanza raro trovare camerieri ed esercenti che parlano inglese e quindi si è costretti a ricorrere a Google Translate od a Naver Translate (Papago) per queste cose. Se riuscite a studiare un po’ di coreano ed a guardare un po’ di filmati sulla corea (in inglese) prima di partire, sarete molto avvantaggiati in queste cose.

C’è da star male?

Assolutamente no. La cucina coreana può essere piccante e può essere carica di spezie ma è assolutamente sana ed è molto gustosa. Non avete nulla da temere.

Tra l’altro, nessuno degli stranieri che abbiamo incontrato in albergo, alcuni dei quali sono in Corea per lavoro da diversi mesi, ci ha segnalato problemi alimentari, come la famigerata “diarrea del viaggiatore”, per cui mi sento autorizzato a dirvi che potete mangiare serenamente tutto quello che trovate. Non correte rischi.

Ci sono “stranezze” da evitare?

No. Come avviene in tutti i paesi del mondo, anche in Corea ci sono “piatti tradizionali” che sfidano il palato e l’etica dell’utente. In particolare, in Corea esiste la tradizione di mangiare carne di cane, bachi da seta bolliti e polipi vivi. Tuttavia, anche per i coreani queste sono “stranezze” assai poco appetibili e decisamente imbarazzanti. Non avrete mai occasione di incontrarle nè nei ristoranti nè nella case dei coreani.

Ci sono alternative?

La Repubblica di Corea è, in pratica, un pezzettino di Stati Uniti che è scivolato dall’altra parte dell’Oceano Pacifico. Come in California, anche in Corea ci sono i Mcdonald’s, ci sono i Pizza Hut, ci sono gli Starbucks e – soprattutto! – c’è una infinità di ristoranti vietnamiti, cinesi, italiani, francesi, giapponesi, argentini, cileni e via dicendo. Ci sono le pizzerie e le birrerie, esattamente come in Italia.

In ROC ci sono anche diverse catene di fast food e di pasticcerie destinate proprio agli occidentlali ed ai giovani coreani (ansiosi di “occidentalizzasi”, come in molte parti dell’estremo oriente), come Paris baguette, Angel-in-us e Twosome (pasticcerie) e Lotteria (fast food).

Se volete mangiare “occidentale” avrete solo l’imbarazzo della scelta.

Ovviamente, molti piatti europei sono stati adattati al gusto coreano (ed americano) per cui è normale trovare la pizza con l’ananas o con la marmellata di mirtilli ed il pollo fritto con la salsa piccante americana.

Costa molto?

No. Se mangiate cibo coreano nei ristoranti frequentati dai coreani, come facciamo mia moglie ed io, è perfettamente normale cenare o pranzare in due, mangiando da scoppiare, con 15 o 20.000 KWON (“Korean Won”), cioè con 10 o 15 euro. Sì, avete capito bene: si cena in due, rimpinzadosi come otri, con meno di 10 (dieci!) euro a testa, incluse le bevande.

Se invece vi rivolgete ai ristoranti frequentati dagli stranieri, è abbastanza normale spendere tra i 30.000 ed i 40.000 KWON a testa, incluse le bevande, cioè tra i 25 ed i 30 euro a testa. Quattro volte il normale… Ovviamente, si tratta di locali più eleganti, la scelta di cibo è più vasta ed i gusti sono adattati a quelli degli occidentali (insomma: meno peperoncino…).

Quando resto in albergo a scrivere codice o documentazione, pranzo con un sandwich comprato in uno dei mille minimarket della zona. Un ottimo sandwich costa tra i 2000 ed i 2500 KWON, cioè circa due euro. Una insalata preconfezionata (Ottima. Molto ricca e variegata) costa tra i 5000 ed i 6000 KWON, cioè circa cinque euro. Una onfezione di frutta preconfezionata costa circa 2000 KWON ed una bottiglietta d’acqua circa 800 KWON. Con 5000 KWON (circa quattro euro), si mangia.

Cosa può mangiare una persona che soffre di intolleranze?

Quasi tutto. Il latte è presente solo in alcuni piatti ed è facilmente rilevabile a vista. La frutta secca è presente in molte preparazioni ma è quasi sempre segnalata nei menù (in coreano, ovviamente) ed è quasi sempre visibile ad occhio nudo. Il peperoncino è presente in molti piatti  ma ne esistono molti altri che ne sono privi ed è abbastanza facile ottenere dalla cucina varianti “de-piccantizzate” dei principali piatti del menù.

L’unica accortezza che si deve veramente avere riguarda i crostacei che sono presenti in molti piatti e che spesso sono nascosti dal brodo o da altri ingredienti. Per fortuna, solitamente sono dichiarati nel menù (sempre in coreano…).

Se avete intolleranze al glutine, qui siete a nozze: la cucina coreana è basata sul riso, non sul grano, e quindi il glutine è normalmente assente.

Và detto che la ROC si sta affacciando solo da pochissimo tempo sulla scena della cucina “da intolleranti” a cui ci siamo abituati in occidente e quindi quasi nessuno in ROC si pone il problema. La responsabilità di evitare piatti “pericolosi” resta tutta sulle spalle dell’utente.

Ci sono cose da sapere?

Essenzialmente una: i ristoranti chiudono alle 21. Se non vi presentate sulla scena prima delle 20, vi lasciano a bocca asciutta senza il minimo rimpianto.

Dopo quell’ora, comunque, restano aperti i locali frequentati dai giovani: birrerie, pizzerie e via dicendo. La scelta è molto vasta ed il cibo è molto buono.

Ma, insomma, si mangia bene?

Benissimo! Provate i noodle, per esempio. Sono tagliolini in brodo con verdure, spezie e carne (o pesce). Ottimi. Provate il ramyeon, che è la versione correana del ramen giapponese ( Ramen [Wikipedia.EN] ). Indimenticabile! Provate i mandoo (o mandu) ( Mandoo [Wikipedia.EN]  ). Sono una specie di cappellacci o grossi ravioli ripeni di carne e verdure, pesce e verdure o solo verdure. Fantastici! Provate il barbeque coreano ( Korean BBQ [Wikipedia.EN] ). Imperdibile!

Alessandro Bottoni

Il paese delle telecamere

park-video-surveillance-in-yeosu
Videosurveillance cameras in a public park in Yeosu

 

Per molti stranieri e per molti italiani la Repubblica di Corea (ROC nel seguito. Da “Republic of Korea”) è soprattutto “il paese delle telecamere”. Giornali e televisioni hanno diffuso nel corso degli anni una immagine della Corea del Sud piuttosto inquietante, fatta di telecamere ad ogni incrocio e di sorveglianza pervasiva.

Quanto c’è di vero in tutto questo? Provo a rispondere qui di seguito in forma di FAQ.

Quante telecamere di videorveglianza ci sono in ROC?

Molte ma non moltissime e di sicuro non troppe. La cittadina in cui mi trovo, Yeosu, conta circa 300.000 abitanti, cioè circa la metà di Bologna e circa il triplo di Ferrara, ed è sorvegliata da alcune centinaia di telecamere della Polizia. La maggior parte di queste telecamere viene utilizzata per sorvegliare il traffico e per sorvegliare le fermate degli autobus. Un’altra parte viene utilizzata per sorvegliare aree “sensibili” come i parchi cittadini, le scuole e le sedi delle istituzioni. In alcuni casi, sono presenti telecamere a bordo dei treni e degli autobus di linea. Più o meno, questa è la stessa concentrazione di telecamere che si può riscontrare in molte città del nord Italia, tra cui Bologna e Milano.

A queste telecamere “pubbliche”, gestite dalla Polizia, si aggiungono però alcune migliaia di telecamere private usate dai ristoranti, dai negozi, dalle aziende e dai privati cittadini per sorvegliare i propri beni. Queste telecamere sono solitamente installate e gestite (su abbonamento) da una delle tre grandi società di sicurezza e sorveglianza attive in ROC e cioè ADT (USA), SECOM (Japan) e KT Telecop (ROC). Queste aziende forniscono un servizio che prevede l’installazione delle telecamere, la loro sorveglianza da remoto, la memorizzazione remota dei file ed un servizio di pronto intervento su chiamata, tutto al costo di quale decina di euro al mese. Come potete immaginare, grazie ai costi molto bassi ed alla indubbia efficacia, queste telecamere sono diffusissime in ROC. Sono infatti queste telecamere private a dare l’impressione che la ROC sia il paese del “Grande Fratello”.

Va detto, per onor di cronaca, che i filmati di queste telecamere sono accessibili alle forze di Polizia quasi in tempo reale, grazie ad una stretta collaborazione (forse troppo stretta…) tra le società di sicurezza privata e la Polizia.

Com’è la legislazione della ROC in tema di videosorveglianza?

Più o meno la stessa dell’Italia. La potete trovare spiegata ed illustrata sul sito di questo avvocato coreano:

CCTV law in Republic of Korea

 Che tipo di telecamere viene usato in ROC?

Al giorno d’oggi, le telecamere della Polizia sono in larga misura telecamere IP collegate via cavo (Ethernet) alla centrale anche se è presente una significativa percentuale di “vecchie” telecamere analogiche.

Le telecamere private sono praticamente tutte telecamere IP collegate ad un router domestico via cavo (più raramente via wifi) e dal router domestico alla centrale di sorveglianza della società di sicurezza via ADSL su fibra ottica.

La ROC ha una delle più ampie e moderne reti dati in fibra ottica del pianeta ed ovviamente i suoi cittadini ne fanno largo uso ai fini della sicurezza.

Quasi tutte le telecamere presenti sono a colori, full HD, di ottima qualità e dotate di illuminatore ad infrarossi. Da questo punti di vista i coreani si trattano piuttosto bene.

Le telecamere sono il solo strumento di sicurezza utilizzato in ROC?

Ovviamente no. Quasi tutte le attività commerciali, quasi tutte le aziende e quasi tutte le case sono dotate di sistemi antifurto, quasi sempre forniti e gestiti dalle stesse società di sicurezza privata che abbiamo già citato. Quasi sempre il “pacchetto” offerto da queste società comprende sia il sistema di allarme antifurto/antirapina che il sistema di videosorveglianza. Quest’ultimo viene usato soprattutto per documentare eventuali azioni criminali e per verificare la fondatezza di eventuali allarmi.

In alcuni casi vengono usati anche microfoni ed in altri casi sono presenti altoparlanti con cui il poliziotto può parlare con l’eventuale “balordo” che venisse còlto in flagranza dalla telecamera.

Tutto questo dispiegamento di sistemi di allarme e telecamere funziona?

Ovviamente si. La ROC è uno dei paesi con la più bassa incidenza di crimini del pianeta, soprattutto per quanto riguarda i crimini violenti (aggressioni, rapine, stupri, etc.). Viceversa, è piuttosto alta la incidenza dei reati commessi dai “colletti bianchi”, come la corruzione.

Viene usato del software per monitare le scene riprese dalle telecamere?

Solo in alcuni casi. In ROC, come in Italia, si usano telecamere intelligenti per rilevare i numeri di targa delle auto e per spedire a casa le multe ma la stragrande maggioranza delle telecamere è ancora sorvegliata da esseri umani. Questo è un grosso problema per ragioni di affidabilità e di costo per cui anche la ROC, come tutte le altre nazioni del mondo, sta valutando l’adozione di vari tipi di programmi che possano affiancare o sostituìre i poliziotti.

traffic-mapping-car-camera-in-yeosu
Traffic control car in Yeosu

Vengono usate anche telecamere mobili?

Si. Circa il 70% delle automobili private in ROC è dotata di dashcam per documentare eventuali incidenti (come pure di “black box”). A quanto pare, i coreani non si fidano moltissimo nè delle loro assicurazioni nè della Polizia e preferiscono avere sempre un filmato da poter mostrare al giudice per chiarire la reale dinamica di un incidente.

Su alcuni autobus sono montate delle particolari telecamere che servono per scoprire e multare le auto che parcheggiano in sosta vietata.

Vengono anche usate apposite telecamere mobili, installate sulle auto, per rilevare le condizioni del traffico e dei parcheggi.

La presenza di tutte queste telecamere, pubbliche e private, non lede il diritto alla riservatezza dei cittadini?

Certo che si. A quanto pare, però, messi di fronte alla scelta tra porre un argine al crimine, soprattutto al crimine violento, e conservare intatta la propria privacy,  i coreani hanno scelto senza esitazioni di avere più sicurezza e di installare tutte le telecamere che potevano.

Alessandro Bottoni

Come è fatta la Corea

Geumodo
Geumodo

 

Durante il volo di trasferimento tra Seoul e Yeosu, giorni fa, ho avuto modo di osservare la penisola di Corea dall’alto. Per quanto sono riuscito a vedere, è abbastanza chiaro che si tratta di un’antica catena montuosa, ormai erosa dagli agenti atmosferici, che ora è ridotta ad una immensa catena di colline. Tra le colline c’è una enorme quantità di valli, grandi e piccole, quasi tutte caratterizzate dalla presenza di un centro abitato, grande o piccolo. Nelle valli sono presenti anche moltissimi laghi, grandi e piccoli, ed ogni vallata è attraversata da un fiume. Dall’alto è possibile vedere come nel corso degli anni sia stata realizzata una fitta rete di strade e di ponti che collega tra loro queste valli e che collega l’entroterra alla enorme quantità di piccole isole che si trova appena di fronte alle coste.

L’abbondanza di acqua, il clima favorevole e questa immensa rete di strade e di canali hanno reso possibile nel corso dei secoli e degli anni lo sviluppo di una florida economia basata sulla coltivazione del riso e di vari tipi di frutta e di verdura, sulla pesca e sul commercio. Dall’alto, infatti, è facile riconoscere le risaie, le aree dedicate alla itticultura, le serre ed i porti.

Ieri sono stato con alcuni amici in visita sull’isola di Geumodo, nell’estremo sud della penisola coreana, ed ho potuto vedere da vicino come sono queste colline e queste valli. Come al solito, trovate le foto sul mio account Flickr.

In questa sede credo che valga la pena di far notare solo due cose. La prima è che la Penisola di Corea non è Seoul. Quando si pensa alla Corea, di solito vengono alla mente le immagini delle megalopoli ultramoderne dell’estremo oriente ma questa è una immagine della Corea che corrisponde alla realtà solo nell’area di Seoul-Incheon, con i suoi 13 milioni di abitanti, ed in quella di Busan. Il resto della Corea è essenzialmente un’area rurale molto simile alla nostra Toscana od alla nostra Umbria. Cambia solo il tipo di coltivazione dominante che qui è il riso mentre da noi è il grano.

Il secondo elemento è che la Corea è molto simile all’Italia anche dal punto di vista orografico. Se non fosse per le risaie, sembrerebbe davvero di essere in Umbria, nelle Marche o, in certi casi, in Sardegna od in Sicilia. Si tratta di un territorio rurale, a volte selvaggio, di grande bellezza e molto apprezzato dagli appassionati di sport all’aria aperta.

Per la stessa ragione, anche i coreani sono molto più simili agli italiani di quanto si potrebbe pensare. Nelle aree rurali sono rudi e scorbutici, esattamente come sull’Appennino e sulle isole, e nelle grandi città sono cosmpoliti ed ospitali, esattamente come a Milano e Roma. Cambia solo la lingua.

Questo spiega anche perché uno dei temi “scottanti” della politica coreana sia da molto tempo la disugaglianza di trattamento che esiste tra la popolazione delle grandi città, che lavora per le grandi aziende della tecnologia e percepisce stipendi di gran lunga superiori a quelli italiani, e la popolazione delle aree ruarli, condannata ad una vita di stenti ai margini della società.

Di questo, comunque, parleremo più in dettaglio in un prossimo post.

Alessandro Bottoni

Digital Korea

Samsung Digital Plaza in Yeosu, ROK
Samsung Digital Plaza in Yeosu, ROK

 

La Corea del Sud è famosa nel mondo soprattutto a causa di alcune sue aziende che operano nel settote delle tecnologie digitali, come LG e Samsung, per cui è naturale che i turisti che approdano sulle sue spiagge sia aspettino di vedere un pezzettino di futuro nelle vetrine dei negozi.

In realtà, nei negozi della Repubblica di Corea si vedono più o meno le stesse cose che si vedono da Mediaworld, Comet ed Euronics in Italia. Oltretutto, gran parte dei prodotti digitali, come gli smartphone ed i notebook, in Corea costano dal 20 al 30% in più che in Italia. Questo può sembrare strano ma è la conseguenza del fatto che quasi tutte le grandi aziende coreane, a partire da Samsung e da LG, producono soprattutto per il mercato estero e sul mercato estero (cioè in Europa) cercano di sfoggiare i loro pezzi ed i loro prezzi migliori. Il mercato interno viene spesso considerato come un mercato “onorifico” da queste aziende e viene curato soprattutto per ragioni di orgoglio nazionale. Chi compra coreano in Corea, compra “fico” e “compra nazionale” per cui deve spendere di puiù.

I ragazzini che hanno bisogno di PC e di smartphone a prezzi ragionevoli si rivolgono spesso a quello che un tempo era il circuito degli assemblatori e che qui gira attorno alle “PC bang”, una via di mezzo tra una sala giochi, un internet cafè, un computer club ed un negozio di elettronica.

A causa di questo meccanismo, nei negozi Samsung ed LG si vedono soprattutto gli smartphone destinati a competere con gli iPhone di Apple ed i laptop con disco allo stato solido destinati a competere con gli ultrabook di Apple. Tutta roba da oltre 1000 € al pezzo.

Un aspetto che salta subito agli occhi del rapporto esistente tra i cittadini coreani e la tecnologia prodotta dalle loro aziende è che i coreani amano questi giocattoli tecnologici, li conoscono molo bene e ne fanno un uso intensivo. Anche le persone di mezza età possiedono ed utilizzano smartphone di ultima generazione e nei negozi è normale vedere dei PC usati come display e come elementi di arredo.

Questo rapporto, così intenso e così intimo, tra società e tecnologia è ancora più evidente a livello aziendale: praticamente tutti gli esercizi commericiali, anche i più piccoli, accettano pagamenti con carta di credito (o di debito) anche per cifre ridicole. Ieri ho comprato un pacchetto di chewing gum da 1100 KRW (cioè circa 0,80 €) e l’ho pagato con una carta di credito prepagata (del tipo dotato di IBAN) senza che l’esercente battesse ciglio. Quasi tutti i POS sono di tipo contactless e quindi per pagamenti fino a 20 o 30.000 KRW (15 – 25 €) basta avvicinare la carta al lettore per pagare.

In modo simile, tutte le attività “automatizzabili” sono pesantemente automatizzate nelle industrie. La vera ragione per cui i computer vengono prodottio in Corea e non in Italia, infatti, è proprio questa: per costruire smartphone e computer sono necessarie linee di produzione ad altissima automazione, che costano miliardi di euro. Questi investimenti sono stati effettuati da aziende private coreane, come Samsung e LG, nel corso degli ultimi 40 anni ma non dalle equivalenti aziende italiane. Le ragioni di questa pesante sconfitta commerciale dell’Italia sono molte e molto diverse tra loro ma il risultato è sotto gli occhi di tutti: Samsung gareggia con Apple per contendersi il primato mondiale di vendita di smartphone e noi… gareggiamo per contenderci il primato mondiale di vendita di muzzarelle di bufala campana…

Un aspetto che merita un post a parte è l’uso che i coreani fanno della tecnologia ai fini della sicurezza. Ne parleremo nei prossimi giorni.

Alessandro Boittoni

La barriera linguistica tra italiani e coreani

Hangul periodi table
Hangul periodic table

Quando, a Gennaio di quest’anno, ho saputo che avrei dovuto venire in corea per qualche tempo la mia prima preoccupazione è stata la comunicazione.

So bene, per esperienza diretta, che gli asiatici parlano raramente l’inglese e spesso, anche quando lo parlano, lo parlano molto male e molto poco. Se conoscono una lingua straniera che non sia l’inglese, di solito conoscono il cinese. Di conseguenza, è stato chiaro sin dall’inizio che sarebbe stato molto difficile sopravvivere in Corea senza conoscere almeno gli elementi fondamentali della lingua coreana.

Più precisamente, è molto difficile riuscire a comunicare in inglese se non si ha nessuna idea di come l’inglese venga distorto da un parlante nativo dell’altra lingua. Ad esempio, una cosa che ha molto divertito mia moglie è che i coreani distorcono la parola inglese “perfect” (“perfetto”), che dovrebbe essere pronunciata più o meno come “purfect”, in “popetto”, Questa distorsione è l’effetto di due caratteristiche molto precise della lingua coreana: l’assenza della lettera “f”, abitualmente resa con una “p” e la necessità di concludere ogni parola con una vocale. Se si è al corrente delle esigenze fonetiche e grammaticali dei parlanti nativi, fare il “reverse engineering” del loro inglese e risalire a cosa volevano dire è abbastanza facile.

Quando ho iniziato a studiare coreano, a Gennaio, era soprattutto questo il mio obiettivo: capire quali fossero le esigenze fonetiche e grammaticali dei coreani per capire come decifrare l’inglese da loro utilizzato. Oltre a questo, volevo riuscire a leggere la loro scrittura (il cosiddetto “hangul”) e volevo impadronirmi di una manciata di vocaboli e di frasi preconfezionate che sono necessarie nelle interazioni sociali (“buongiorno”, “grazie”, etc).

Ovviamente, non mi sono posto l’obiettivo di imparare abbastanza coreano da poter sostenere una vera conversazione. In vita mia ho già studiato giapponese per circa un anno, con il supporto di un docente madrelingua, e cinese, da solo, per circa un anno, per cui so benissimo che le lingue asiatiche richiedono anni di studio ed anni di pratica anche solo per riuscire a sostenere una conersazione elementare di pochi minuti.

Tra Gennaio e Giugno ho studiato coreano il più intensamente possibile (sempre almeno due ore al giorno) ed in tutti i modi possibili. Potete vedere cosa ho usato leggendo i relativi articoli sul mio blog in lingua inglese: http//www.alexbottoni.com/ .

Com’è andata la “prova sul campo” del mio coreano dopo sei mesi di studio?

Da un lato è andata molto bene. Grazie ai miei studi riesco a capire buona parte dei termini usati nelle interazioni sociali più elementari e riesco anche ad usare correttamente, ed in modo comprensibile, una dozzina di termini. Riesco anche a leggere e scrivere l’hangul senza grossi problemi (anche se poi devo ricorrere ai dizionari per capire cosa ho letto). Tutto questo mi ha reso quasi del tutto autonomo sin dal primo giorno e credo che questo possa essere considerato un ottimo risultato.

Dall’altro lato, ovviamente, dipendo ancora quasi completamente dall’uso dei dizionari e dei traduttori automatici per tutte le interazioni più complesse, come chiedere il prezzo di un prodotto.

La cosa che comunque mi ha dato maggiore soddisfazione è il fatto che questa limitatissima conoscenza del coreano ha reso molto più fluida e più affidabile la comunicazione in inglese, esattamente come avevo sperato.

Ma quanto è difficile il coreano?

Beh, è molto diffiicile. Chi si occupa di queste cose per professione, ha stilato più di una classifica della difficoltà di apprendimento delle lingue (almeno di quelle che vale la pena imparare) ed il coreano è sempre finito al terzo od al quarto posto dietro al giapponese ed al cinese. Viene abitualmente considerato difficile almeno quanto l’arabo e l’hindi.

Le ragioni di questa difficoltà sono molte. Innanzitutto, il coreano è una lingua SOV (Soggetto – Oggetto – Verbo) mentre l’italiano e l’inglese sono lingue SVO (Soggetto – Verbo – Oggetto) e questo rende per noi molto convoluta ed innaturale la struttura della frase. Ad esempio, per dire “Piero ha mangiato la mela” è necessario dire “Piero la mela ha mangiato”. Nei casi più elementari è facile rispettare questa regola ma… provate a scriverci un articolo di politica (in italiano, usando questa struttura) con tutte le sue frasi coordinate e subordinate.

In secondo luogo, il coreano è una lingua agglutinativa: aggiunge delle “particelle” (dei “postfissi”) alle parole per stabilirne il ruolo all’interno della frase o per aggiungere dettagli. In altri termini per dire “questo sì che è un bel libro” si usano strutture come “LibroABC” in cui A è una particella che fa lo stesso mestiere di “questo” , B è l’aggettivo “bello” e C è un rafforzativo enfatico che fa il mestiere di “questo sì”. Insomma, è un casino.

Infine c’è il lessico (il “vocabolario”). Mentre la grammatica di base del coreano è molto simile al giapponese, il lessico deriva per circa due terzi da cinese. Di conseguenza, per un europeo non c’è nessun appiglio. Nulla che possa risultare familiare.Solo una sconcertante sequenza di vocali (il coreano è una lingua molto musicale, quasi interamente basata sulle vocali).

Per fortuna ci sono anche due aspetti molto positivi: il coreano usa un unico sistema di scrittura, lo “hangul”, che è facilssimo da imparare. Questo semplifica enormemente il problema rispetto agli ideogrammi han-zi usati dai cinesi ed ai quattro (quattro!) diversi sistemi di scrittura usati contemporaneamente, in modo del tutto incontrollato, dai giapponesi (kanji, hiragana, katakana e romanji), Proprio grazie alla semplicità dell’hangul è possibile imparare a leggere i nomi dei negozi e le scritte dei segnali stradali in pochi giorni. Questo semplifica enormemente la vita quotidiana.

Ma, allora, vale la pena studiare coreano?

Francamente no. Il coreano, come l’italiano, è parlato da meno dell’1% della popolazione mondiale e viene usato quasi esclusivamente in  Corea. Persino i giovani coreani tendono a trascurarlo per dedicarsi a tempo pieno all’inglese.

Tuttavia, il coreano è una lingua affascinante. Se, come me, siete persone curiose e che amano le sfide intellettuali, questo è pane per i vostri denti.

Alessandro Bottoni

Yeosu, (Emilia) Romagna

Yeosu, Republic of Korea, Oct. 2017
Yeosu, Republic of Korea, Oct. 2017

 

Non c’è niente da fare: questi coreani sono proprio romagnoli. Loro credono di essere coreani ma è tutto nella loro testa. In realtà sono romagnoli. Ve lo dimostro.

L’altra sera mia moglie Silvana ed io siamo usciti per cena. Silvana era stanca ed irritata a causa di una lunga serie di problemi e contrattempi sul lavoro e quindi era di pessimo umore. Siamo entrati nel primo locale che abbiamo incontrato e…. al momento di ordinare si è presentato al nostro tavolo un altro cliente, un docente di inglese che si trovava a cena nello stesso ristorante  con un gruppo di amici. Ci ha gentilmente chiesto se poteva aiutarci ad ordinare, noi abbiamo accettato di buon grado (anche se siamo entrambi in grado di orientarci in un menù coreano ed anche se sappiamo bene cosa ordinare) e ci siamo messi a chiacchierare.

La serara è finita con Silvana e me seduti al tavolo di questo gruppo di coreani (piuttosto “alticci”) a scambiare battute e pacche sulle spalle con questi sette od otto signori di mezz’età che lavorano in sei o sette settori diversi e frequentano lo stesso corso di aggiornamento presso una delle scuole della zona. Ci è stato offerto da bere ed abbiamo collezionato qualche biglietto da visita.

Voi capite bene che questi episodi sono esattamente il tipo di esperienze  che si fanno di solito durante le vacanze a Rimini, a Riccione ed in altre zone della Romagna. Non so quanti di noi si aspetterebbero questo livello di accoglienza e di socialità in estremo oriente. Per questov i dico che in realtà questo coreani sono romagnoli. Più esattamente sono di Cattolica o di Gabicce (date un’occhiata alla foto qui sopra e ditemi se non vi sembra Gabicce).

Come i roimagnoli, i coreani sono persone estremamente curiose, estremamente socievoli e molto accoglienti. Prendono facilmente l’iniziativa ed attaccano “bottone” con chiunque. Sono affascinati dagli stranieri e non vedono l’ora di mettere in pratica l’inglese che hanno studiato a scuola. Sono gentilissimi e non vedono l’ora di esplorare, conversando con i pochi stranieri di passaggio, il mondo che si estende oltre il mare.Davvero, è un piacere trattare con loro.

Ovviamente, anche in Corea, come in tutto il mondo, ci sono anche le persone sgradevoli. La Corea del Sud, per esempio, viene considerata uno dei paesi più chiuso e più razzista del pianeta (dopo l’Italia, ovviamente) e, in effetti, sono abbstanza comuni le dimostrazioni di ostilità da parte dei coreani più anziani e più “ruspanti” nei confronti degli occidentali più giovani e più “disinibiti”. I giovani insegnanti di inglese, americani, canadesi, australiani, neozelandesi ed inglesi, che lavorano in Corea denunciano spesso problemi di questo tipo. Il razzismo nei confronti dei neri è molto più sfacciato e molto più marcato, al punto che sta diventando un serio problema politico (anche a causa della reazione irritata degli americani), Nello stesso modo, in Corea è in forte crescita un movimento anti-LGBT molto simile a quelli che appestano l’Europa e gli USA.

Questa generica e poco razionale ostilità nei confronti degli stranieri è la conseguenza dell’impatto tra la vecchia società rurale coreana, basata sulla coltivazione del riso e sulla pesca, e l’ondata di stranieri (di solito laureati) che vengono in Corea per ragioni di lavoro. Questi “alieni” vengono percepiti come una minaccia culturale e -soprattutto! – occupazionale quando, in realtà, sono il vero motore dell’economia coreana (gran parte del “manufactoring” coreano che dà lavoro alle famiglie è il frutto di brevetti e design USA, JP ed EU).

Al netto di titto questo, la Corea resta un posto molto tranuillo ed ospitale. La criminalità è a livelli molto bassi (ne parleremo in un prossimo post) e la popolazione è molyo accogliente per cui è facile muoversi anche se non si parla coreano.

A questo proposito và anche demolito un altro luogo comune che riguarda i coreani e, in genere, gli asiaticoi: non è vero che non parlano inglese. Come in Italia ed in quasi tutta l’Europa, anche i Corea, in Giappone ed in latri paesi dell’estremo oriente solo una piccolissima parte della popolazione parla inglese. Tuttavia, quasi tutti i giovano lo studiano da anni a scuola e riescono a capirlo piuttosto bene, soprattutto se scrivete quello che volete su un pezzo di carta. Inoltre, molte persone di mezza età hanno contatti di lunga data con americani e stranieri di varia provenienza e parlano abbastanza inglese da poter gestire i rapporti coi clienti.

Ovviamente, non potete aspettarvi di poter sostenere una lunga conversazione sui temi più disparati con la stragrande maggioranza delle persone che incontrate ma, dopo tutto, questo è ciò che avviene anche in Italia.

Nei prossimi post cercherò di scendere un po’ più nei dettagli di questa realtà. A presto.

Cattolica, Republic of Korea

Yeosu panoramic walk by night
Yeosu panoramic walk by night

 

Si sa come funziona: un poveraccio fa un volo di 10 ore (14 con i trasferimenti locali) e si accolla 7 ore di jet lag per godere di un po’ di sano “Effetto Blade Runner” e… la seconda sera dopo il suo arrivo si ritrova a… Cattolica. Sì, proprio Cattolica, Povincia di Rimini, Emilia Romagna, Italia.

Guardate la foto di introduzione e ditemi se questa non vi sembra la “camminata” sul lungomare di Cattolica: stesse luci, stessa scenografia, stessa atmosfera.

E Blade Runner, che fine ha fatto?!

In realtà, questa sensazione di familiarità non dovebbe stupire nessuno. La Repubblica di Corea e l’Italia sono molto più simili di quanto si potrebbe credere.

La penisola di Corea, che ospita sia la Corea del Nord (Repubblica Popolare Democratica di Corea) che la Corea del Sud (Repubblica di Corea) è una penisola montuosa molto simile alla penisola italiana. Come la penisola italiana, è formata da una lunga catena di colline, simili ai nostri Monti Appennini, che discende fino al mare formando una miriade di insenature. Tra le colline ci sono migliaia di valli, piccole e grandi, ognuna con il suo fiume, piccolo o grande, il suo laghetto ed il suo paesino. Come l’Italia è un paese prevalentemente rurale, basato sulla coltivazione del riso (che corrisponde al nostro grano) e sulla pesca. Le industrie, come Samsung e LG hanno i loro quartieri generali a Seoul ed hanno le loro sedi operative in diverse altre città, come Busan ed Incheon. Da un punto di vista geografico ed orografico la somiglianza con l’Italia è impressionante. Anche il clima è molto simile con estati calde ed afose ed inverni rigidi. L’unica vera differenza è la stagione dei monsoni (luglio ed agosto).

Le affintità tra Italia e Corea, però, non si fermano qui.

La Repubblica di Corea, come l’Italia, è una nazione giovane. Di fatto, è nata a metà degli anni ’50 con la fine della Guerra di Corea. Come l’Italia, la Corea del Sud viene da una orribile esperienza di occupazione del suo territorio, dovuta alla invasione giapponese del 1910, ed è reduce da ben due guerre sanguinose nel giro di vent’anni (la seconda guerra mondiale e, subito dopo, la guerra di Corea). Come l’Italia, ha conosciuto uno spettacolare “boom” economico durante gli anni ’60, ’70 ed ’80 ed è poi caduta in depressione. Nel 1997 ha persino fatto bancarotta. Come l’Italia soffre da molti anni di una pesante stagnazione economica.

Come si può quindi immaginare, l’aspetto delle città coreane è molto simile a quello delle città italiane: centri storici adibiti prevalentemente ad uffici e negozi e periferie composte di grandi palazzi popolari. Anche la popolazione è molto simile a quella italiana: le persone più anziane sono cresciute durante gli anni bui della guerra civile, hanno ricevuto una istruzione davvero minima ma sono abituate a lavorare sodo, senza concedersi “grilli per la testa”. Le generazioni più giovani sono altamente istruite e molto raffinate ma sono anche uno dei peggiori esempi di consumismo e di sudditanza psicologica al dominio americano

Per questa ragione la Corea del Sud sembra così “occidentale” e così simile all’Italia. Yeosu, in particolare, sembra Rimini. L’unica vera differenza è che a Rimini non c’è il gigantesco impianto industriale che si trova alle spalle di Yeosu.

Dopo averla esplorata per un paio di gorni a piedi, ci si rende conto che davvero le uniche due differenze visibili (e rilevanti) tra Yeosu e Rimini sono la lingua e la cucina. Vi racconterò quello che so di questi due argomenti nei miei prossimi post.

Si potrebbe pensare che, tuttavia, la gente sia molto diversa. Anche questo, però, è vero solo se si considera “diverso” chiunque non parli italiano e non abbia studiato nelle nostre scuole. Se si tiene presente che – ovviamente! – si tratta di persone che parlano un’altra lingua, hanno un’altra storia ed hanno alcune abitudini molto diverse dalle nostre, ci si rende conto che, nonostante tutto, i coreani sono molto meno diversi dagli italiani di quanto si potrebbe pensare.

Esattamente come avviene in Italia, solo una piccolissima parte della popolazione parla inglese e quindi le mie possibilità di esplorare la realtà umana e sociale di Yeosu sono abbastanza limitate ma, nonoistante questo, devo dire che i coreani con cui ho avuto contatti finora sembrano molto simili ai romagnoli: solari, allegri, casinisti, curiosi e molto disponibili. Persone davvero modo gentili e molto premurose.

Nei prossimi post cercherò di raccontarvi quello che scopro di tutti questi apsetti. Ora devo andare a vedere il primo Blade Runner sulla TV on demand dell’albergo (in inglese coi sottotitoli in coreano).

Alessandro Bottoni

Effetto Blade Runner

Yeosu by night
Yeosu by night

 

Coloro che hanno visto (ed amato) il Blade Runner del 1982 sanno che una delle ragioni del successo di quel film è la intensa sensazione di alienazione che riesce a rendere la sua particolarissima ambientazione. La Los Angeles notturna e piovosa che ci descrive Blade Runner è l’esatto contrario della Los Angeles che noi conosciamo,,così secca ed assolata, ed è affollata di stranieri al punto che l’inglese (che dovrebbe essere la lingua ufficiale) si è ormai perso in una miriade di curiosi “pidgin” composti prevalentemente da lingue asiatiche. Il risultato finale è un ambiente in cui persino il protagonista, Rick Deckard, che pure vi è nato e cresciuto, sembra completamente fuori posto tra quelle strade.

Quella sensazione di estraneità e di alienazione è sicuramente spaventosa – nessuno di noi vorrebbe mai trovarsi perso tra miliardi di persone che parlano una lingua incomprensibile e perseguono scopi per noi imperscrutabili – ma anche affascinante. In fondo, è esattamente in questo che consiste il fascino delle Terre Lontane: trovarsi perso tra miliardi di persone che parlano una lingua incomprensibile e perseguono scopi per noi imperscrutabili. Questa è la vera essenza del viaggiare e quindi del conoscere.

Purtroppo, con l’avvento della nostra cultura di massa (TV, cinema, Internet, etc.) e con la diffusione del turismo come fenomeno di consumo, si è persa la possibilità di vivere questo “thrill”. Ormai, quasi tutti parlano inglese e tutti, dai bambini in fasce agli anziani centenari, guardano i telefilm hollywoodiani per cui è difficile viaggiare, per esempio, negli USA, in Canada, in Australia, in Gran Bretagna od in altri paesi anglofoni avendoo la sensazione di sentirsi davvero “all’estero”. Sempre più spesso, si ha la sensazione di essere nel salotto di casa a guardare l’ennesima puntata di un telefilm. I paesi di lingua tedesca o francese sono appena meglio da questo punto di vista. Personalmente ho studiato entrambe queste lingue a lungo e quindi anche a Parigi ed a Monaco continuo a sentirmi molto vicino a casa.

C’è solo un modo, ormai, per vivere ancora quel “brivido” che riesce a dar senso ad un viaggio: bisogna andare dall’altra parte del mondo, in estremo oriente. Lungo le coste occidentali dell’Oceano pacifico le lingue più consociute ed utilizzate sono il cinese e, in misura minore, il tagalog delle filippine. Sono ancora poche le persone che parlano inglese e la sensazione di straniamento è ancora molto forte. A questo si aggiungono una cucina diversissima dalla nostra ed una lunga serie di usi e costumi abbastanza incomprensibili. Ce n’è abbastanza da soddisfare anche i palati più esigenti.

Così, da ieri sono a Yeosu, in Repubblica di Corea (quella che noi chiamiamo “Corea del Sud”).

Il viaggio tra l’Italia e la Corea è decisamente lungo. Da Ferrara ho dovuto raggiungere l’aeroporto di Bologna, da Bologna ho dovuto raggiungere Parigi in aereo (un’ora e mezza di volo), a Parigi ho preso al volo… un volo per Seoul (circa 10 ore di volo) e da Seoul ho preso un terzo aeroplano per raggiungere Yeosu (un’altra ora di volo). In tutto sono 23 ore di viaggio. Si parte alla mattina alle 10 da Bologna e si arriva il giorno dopo alle 16:20 a Yeosu. Per fare di peggio si dovrebbe andare in Giappone, in Nuova Zelanda o… in Antartide.

Per fortuna, Yeosu è molto graziosa. Ieri sera, poche pore dopo essere arrivato, sono andato a cena in città con mia moglie e… ho trovato la mia personalissima “atmosfera Blade runner”.

Date un’occhiata alla foto di apertura e capirete. Quella che vedete è una delle strae del centro di Yeosu a mezzanotte di Venerdì.

Nei prossimi giorni cercherò di raccontarvi i dettagli. Ora devo andare a cena (e trovare qualcosa per il jet lag).

Alessandro Bottoni